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Il ruolo dei professionisti della salute nella lotta all’antibiotico-resistenza

Cosa può fare un professionista sanitario, tutti i giorni, per la lotta all’antibiotico-resistenza? A rispondere alla domanda è la Federazione internazionale farmaceutica (Fip), organizzazione internazionale che, in occasione della Settimana Mondiale per la lotta all’antibiotico-resistenza dal 16 al 22 novembre 2020, ha fornito una serie di suggerimenti su come coloro che operano in ambito sanitario possono contribuire alla lotta di uno tra i più gravi problemi dell’umanità, al punto giungere al limite massimo di non poter disporre, nei prossimi anni, di molecole attive nella lotta alle infezioni batteriche.

«Ogni anno – evidenzia il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) – 33.000 persone muoiono per un’infezione dovuta a batteri resistenti agli antibiotici. Il carico di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici sulla popolazione europea è paragonabile a quello di influenza, tubercolosi e HIV / AIDS combinati». Questo mentre «il 39% del carico è causato da infezioni da batteri resistenti agli antibiotici di ultima linea come i carbapenemi e la colistina, l’ultima opzione di trattamento disponibile». Inoltre «il 75% del carico di batteri resistenti agli antibiotici in Europa è dovuto alle infezioni associate all’assistenza sanitaria. Ciò potrebbe essere ridotto al minimo attraverso adeguate misure di prevenzione e controllo delle infezioni, nonché la gestione degli antibiotici nelle strutture sanitarie».

Secondo quanto riferito dall’ente europeo «c’è ancora tempo per invertire la tendenza della resistenza agli antibiotici e garantire che gli antibiotici rimangano efficaci in futuro». Con alcune possibili soluzioni da attuare: «usare gli antibiotici con prudenza e solo quando sono necessari, implementazione di buone pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, inclusa l’igiene delle mani e lo screening per il trasporto/infezione da farmaci multipli batteri resistenti e isolamento di portatori / pazienti infetti» e infine «promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici con nuovi meccanismi di azione».